I fiori campestri di Posidippotho - Ricerche sulla lingua e lo stile di Posidippo di Pella

von: Margherita Maria Di Nino

Vandenhoeck & Ruprecht Unipress, 2010

ISBN: 9783647252926 , 378 Seiten

Format: PDF, OL

Kopierschutz: Wasserzeichen

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Preis: 110,00 EUR

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I fiori campestri di Posidippotho - Ricerche sulla lingua e lo stile di Posidippo di Pella


 

5. Conclusioni (p. 303-304)

pro captu lectoris habent sua fata libelli
(Ter. Maur. 1286)

5.1 Il mondo e la lingua poetica di Posidippo


Delle numerose e tutte stimolanti prospettive di indagine lungo le quali si sono sviluppate le ricerche posidippee dopo la pubblicazione del P.Mil.Vogl. VIII 309, il presente studio ha privilegiato l’esplorazione delle fonti. Sia pure nella parzialità e nell’inevitabile precarietà dei risultati raggiunti, tale incursione nel laboratorio poetico posidippeo ha lasciato emergere un epigrammista realmente e pienamente figlio del suo tempo e di quella poetica ellenistica dove tutto o, comunque, molto è allusione e variazione: suggestioni fra loro eterogenee per natura e provenienza si trasformano, allora, sistematicamente in una ghiotta occasione di virtuosismo e originalità, dando forma a una lingua poetica dottamente consapevole del patrimonio a lei precedente e liberamente creatrice.

Dal punto di vista linguistico, la cifra più piena e interessante è rappresentata da una fervida inventività lessicale, notevole per quantità ma, soprattutto, per qualità: dietro al disinvolto uso di neoformazioni, si cela sempre una ratio precisa, di volta in volta rispondente a intenti programmatici, poetico-espressivi oppure allusivi. Ogni hapax rappresenta, dunque, una sorta di finestra di dialogo con il lettore, chiamato a decifrare – e dottamente apprezzare! – il messaggio sotteso a ciascun conio.

La comprensibile necessità di arginare l’orizzonte di indagine ha determinato la scelta degli epigrammi compresi nelle sezioni (89-94 A.- B.) e (95-101 A.-B.), che offrivano il duplice, intrigante vantaggio di prestarsi a una produttiva sinossi con la lingua di parallele tradizioni epigrafiche, entrambe già ben consolidate sul piano del lessico e dei temi specifici, e di costituire un terreno ancora tutto da dissodare.

In antico i pericoli connessi alla navigazione rendevano il naufragio e, ancor più, le lapidi commemorative delle tante vittime del mare un tema e uno spettacolo di quotidiana esperibilità, e Posidippo, che viaggiò molto, sicuramente non fu esente da simili suggestioni. In aggiunta, la navigazione costituiva un’attività rilevante nell’Alessandria del III sec. a.C.1, e Posidippo si relazionò a questo risvolto della vita economica dell’Egitto tolemaico in maniera più ampia e sfaccettata di quanto gli epitafi per naufraghi da soli non lascino intendere. In 115 A.-B. è descritto il famoso faro eretto sull’omonima isola antistante Alessandria, che costituiva un segnacolo ottico notevole, di primaria importanza per i naviganti in fase di approccio al porto, oltre che dettaglio psicologicamente rassicurante.

Esso rappresentava, però, solo l’ultimo supporto in ordine di tempo per i naviganti, che abbisognavano, innanzitutto e prima di tutto, di una felice traversata e di venti propizi, speranze ed esigenze queste che trovano riflesso, per esempio, in 21-24 A.- B. (ma vagamente anche in 25,1s. A.-B.), contenenti un carosello di presagi cui pescatori e naviganti devono attenersi se vogliono far ritorno a casa con un congruo bottino o, semplicemente, far ritorno a casa. Se, però, i presagi possono rivelarsi fallaci o essere soggetti a esegesi non corrette, ben più fondate garanzie di successo sembravano venire dall’aiuto divino, e l’Alessandria dei Tolemei ebbe un’arma in più da offrire alla propria ‘gente di mare’: Arsinoe-Afrodite, la nuova dea garante della buona navigazione, che dispiegava la propria protezione dallo Zefirio, (116,10 A.-B.).